Terzo mandato, sì o no? Ecco i deputati regionali grillini che rischiano…

di Redazione | 10 Giugno 2021

Sono sei i deputati regionali del M5S, oltre l’ex capogruppo Giancarlo Cancelleri, che tra un anno e mezzo dovrebbero salutare l’Ars e tornarsene a casa. Per loro dovrebbe scattare la regola del Movimento che impedisce agli eletti di avere un terzo mandato. Sono Gianina Ciancio, Francesco Cappello, Salvatore Siragusa, Giampiero Trizzino, Valentina Zafarana e Stefano Zito. Tutti alla seconda legislatura regionale.
Giancarlo Cancelleri
A loro si aggiunge Cancelleri, che ha già svolto una parte di questo quinquennio, oltre il precedente 2012-2017, come deputato regionale; nel suo caso si aggiungono i periodi da viceministro e poi da sottosegretario: il divieto dovrebbe scattare pure per lui. Il quale, quindi, non potrebbe neppure pensare di rinnovare la sfida a Musumeci da cui, fu sconfitto alle regionali precedenti come candidato presidente.
La regola di non potere totalizzare più di due legislature è imposta dal Codice etico del M5S che obbliga i candidati grillini “a non presentare la propria candidatura per una carica elettiva, qualora siano già stati esperiti dall’iscritto n. 2 mandati elettivi così come definiti in apposito Regolamento emanato ai sensi dell’art. 9 comma b) dello Statuto”.

Il regolamento, a sua volta, conferma che tra i “requisiti essenziali e inderogabili per candidarsi sotto il simbolo del MoVimento 5 Stelle in qualsiasi tipo di elezione, a livello comunale, delle province autonome, regionale, nazionale ed europea” è obbligatorio “non aver già svolto, anche per periodi parziali, due mandati elettivi”. Il limite dei due mandati è sempre stata “venduta” nella comunicazione del M5S come la “regola delle regole” che garantisce la diversità del Movimento rispetto “agli altri”. Con l’avvento di Giuseppe Conte alla leadership, nel M5S si è aperta la discussione se eliminare o mantenere la proibizione del terzo mandato. Non è questione politica da poco. I grillini dovranno scegliere se perdere la parte più nota della propria classe dirigente – inclusi Di Maio e Fico, per limitarci a due big nazionali alla seconda legislatura – oppure subìre l’ennesima emorragia di consensi della base, che dovrebbe ingoiare anche questo rospo, dopo averne ingoiati già tanti. Non è neppure immaginabile vendere l’abolizione come eccezione, per tutti o solo per alcuni. È troppo vivo il ricordo della massima del fondatore Gianroberto Casaleggio che fino a poco tempo fa ripeteva lo stesso Grillo: “Ogni volta che deroghi ad una regola praticamente la cancelli”. E non va dimenticato che l’aura attrattiva di Alessandro Di Battista, oggi fuori dal Movimento e dal Parlamento, è dovuta anche al fatto che lui si è fermato a una sola legislatura. Pertanto, ad oggi, anche il destino dei “sei più uno” che, a fine legislatura, avranno compiuto dieci anni di mandato a Palermo – eh sì, il tempo passa – è appeso alla decisione che a Roma i capi dovranno prendere. Che poi è la gatta da pelare più difficile per Conte che pare si stia scontrando con Beppe Grillo: il Garante difende a spada tratta la “regola delle regole”. Se cadrà il divieto, come è possibile, finirà l’idea – contraria alla lezione weberiana della professionalità politica – che in fondo tutti possono fare i politici per un periodo e poi tornarsene a casa da normali cittadini. Un mantra che è stato, a suo tempo, una delle chiavi del successo dei grillini, a cui molti cittadini hanno creduto. Come dire, nei Cinque Stelle, non si può firmare nessuna casta. C’è chi scommette, invece, che la casta pentastellata ormai c’è. E che farà di tutto per conservarsi. Anche in Sicilia.

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