Carlo Alberto Dalla Chiesa

Dalla Chiesa. Il ricordo del generale e la lezione dei poteri eccezionali.

di Carmelo Briguglio | 3 Settembre 2021

Questa stramaledetta storia dei “poteri eccezionali” ritorna. Era un riflesso condizionato: le paure sedimentate del dittatore, dell’uomo forte, dei generali, dei colonnelli. Furono questi “timori” che al tempo bloccarono nel mondo politico, a sinistra, ma anche nel centro politico, i maggiori poteri a Carlo Alberto Dalla Chiesa, sia nella lotta alle Brigate Rosse, sia successivamente in quella alla criminalità mafiosa. In un caso, non erano solo paure; erano la proiezione di tare culturali del mondo progressista, prigioniero dei suoi ideologismi; e barriere alzate, più o meno esplicitamente, a difendere il “loro” mondo, inclusi i “compagni che sbagliano”. Nell’altro, era una difesa, celata di “diritto peloso”: attraverso di essa, si cercò di preservare gli interessi della mafia imprenditrice, del ceto politico in affari o in complicità con la stessa, dall’azione del Generale. Le due correnti di pensiero e azione si unificarono e determinarono, nella stagione in cui Dalla Chiesa fu prefetto a Palermo con “gli stessi poteri del prefetto di Forlì”, il suo isolamento e la sua fine. Oggi si rievocherà, col solito e forse inevitabile rituale, l’anniversario di quella fine. Ma la polemica contro lo “stato d’eccezione”, mantenuta viva da certo mondo progressista, colto e trasgressivo, o dal pensiero impegnato nella mera speculazione filosofica su biopolitica e biopotere – Cacciari, Vattimo, fino ad Agamben – è calato nel dissenso politico verso il governo della pandemia, oggi guidato da Mario Draghi e dal generale Figliuolo. E ha finito per contagiare il polo opposto della destra politica. Dove è emerso un eccesso di critica, fino agli alti lai contro la pretesa “dittatura sanitaria” o giù di lì. Un paradosso ? È “realismo cinico”, che però manifesta un incompiuto senso dello Stato, valore che spero non si consideri tramontato: punta all’acquisizione di aree di consenso nel mondo “No vax” e viciniore. Comunque. Le posizioni contrarie alle misure emergenziali che alludono a decisioni “antidemocratiche” – di cui il green pass e lo stesso obbligo vaccinale sarebbero l’epifania nella contemporaneità – hanno questo obiettivo. Di politica politicante, francamente detto. E destinato a scarsi successi, a mio sommesso parere. Discorso comunque largo e lungo, che ci troveremo ancora ad affrontare, ma rispetto al quale, sulla “rive droite” e non solo, prima o poi bisognerà seriamente riflettere. E, magari, discutere. La morte del Generale, che rinnoviamo ogni anno col doveroso ricordo, è però lezione permanente: faccia ripensare la critica ai “poteri eccezionali”; al suo eterno ritorno nel discorso pubblico. A ciò che causò al tempo; a quanto può provocare ancora. In danno della “salus rei publicae”. Della comunità che siamo. Di tutti e ciascuno.

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