Antonio Cascio

Contagi e ricoveri. Prof. Cascio: “Colpiti molti giovani, sì agli anticorpi monoclonali. Rari i vaccinati che finiscono ricoverati”.

di Redazione | 7 Agosto 2021

D. Prof. Antonio Cascio, ordinario di Malattie Infettive e direttore della UOC di Malattie Infettive al Policlinico di Palermo, il quadro dei contagi, ricoveri e terapie intensive, oltre ai decessi, la preoccupa?

R. Sicuramente il dato dei contagi e dei ricoveri è alquanto preoccupante, di fatto la Sicilia è al momento la prima regione italiana per numero di contagi e di ricoveri. Purtroppo sono tante le persone ancora non vaccinate, circa il 40%. Gli ultrasettantenni non vaccinati sono il 16%. Al momento, il numero dei ricoveri non è alto, ma considerando che la degenza media per questa patologia è elevata, il numero apparentemente esiguo di nuovi ricoveri determinerà dati cumulativi importanti se il trend dovesse mantenersi costante.

D. È vero che sono ricoverati molti giovani non vaccinati con polmoniti importanti? È una novità che prima non si registrava?

R. Si è vero, si tratta fondamentalmente di persone non vaccinate di cui circa il 50% ha meno di 50 anni. Nelle scorse ondate epidemiche la percentuale di giovani ricoverati era molto inferiore. Le proporzioni sono cambiate perché, grazie alla vaccinazione, tantissimi anziani non hanno contratto la malattia.

D. Ci sono persone in Italia, anche vip, che dicono essere stati curati efficacemente con i monoclonali. Lei è un infettivologo, questa è materia specificamente sua, di cosa si tratta, può spiegarci?

R. Si tratta di particolari tipi di anticorpi, prodotti con tecniche di DNA ricombinante a partire da un unico tipo di cellula immunitaria. Nel caso specifico si legano al virus del COVID impedendogli di infettare le cellule. Per essere efficaci devono essere somministrati nelle prime fasi della malattia in persone che ancora non necessitano del ricovero ospedaliero. Devono essere somministrati in ospedale per via endovenosa. Diversi studi ne hanno dimostrato l’efficacia. Sono particolarmente raccomandati per coloro i quali sono ad alto rischio di sviluppare forme severe della malattia come i soggetti anziani, o cardiopatici, nefropatici, immunodepressi etc.
In realtà, gli anticorpi monoclonali non hanno ancora ricevuto l’approvazione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA). In Italia sono stati autorizzati in via temporanea con Decreto del Ministro della salute 6 febbraio 2021 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 febbraio 2021, n. 32, e con Decreto del 12 luglio 2021 (GU n 180 del 29/07/2021). In particolare, sono stati oggetto di autorizzazione temporanea l’anticorpo monoclonale bamlanivimab (il cui utilizzo in monoterapia non è attualmente consentito) e l’associazione di anticorpi monoclonali bamlanivimab-etesevimab, prodotti dall’azienda farmaceutica Eli Lilly, nonché l’associazione di anticorpi monoclonali casirivimab-imdevimab dell’azienda farmaceutica Regeneron/Roche, e l’anticorpo Sotrovimab prodotto dalla ditta GSK.

D. Lei è impegnato nella definizione di un vaccino italiano che però pare incontri varie difficoltà. Si dice comunque occorrano ancora anni. Può dirci come stanno le cose?

R. Sto partecipando alla fase 2 della sperimentazione del vaccino ReiThera i cui dati preliminari sono assolutamente incoraggianti. Purtroppo non sono però ancora stati pubblicati i dati relativi alla fase 1 della sperimentazione. Tante persone hanno avuto la sensazione che questo vaccino e che la ricerca italiana sui vaccini venga boicottata. Personalmente mi auguro che la fase 3 della sperimentazione possa partire il più presto possibile. Avere un vaccino italiano avrebbe risvolti positivi sia per la nostra Sanità che per la nostra economia.

D. Forse sono state dette inesattezze nei mesi scorsi su efficacia e limiti dei vaccini: essendo venuta meno l’idea dello scudo totale dal Covid, adesso c’è un po’ di scetticismo, può chiarire?

R. In realtà fin dall’inizio è stato detto chiaramente che nessun vaccino ha un’efficacia del 100%. È altrettanto chiaro che una persona vaccinata potrebbe anche contagiarsi e successivamente rappresentare una fonte di contagio per altre persone. Bisogna però dire in maniera altrettanto chiara e a voce alta che una persona vaccinata, ammesso che si contagi, ha pochissime probabilità di manifestare i sintomi della malattia e di essere ricoverata. Una persona vaccinata che si contagia, ammesso che riesca a contagiare lo farà per pochissimo tempo e male. A dimostrazione di quanto sopra, a parte gli studi scientifici, c’è l’evidenza che le persone ricoverate sono non vaccinate o, in piccola parte, hanno ricevuto una sola dose di vaccino. È comunque sempre ricordare che alcune categorie di persone come le persone molto anziane, in trattamento con farmaci immunosoppressivi, dializzate, etc. potrebbero non rispondere al vaccino in maniera ottimale e quindi più delle altre necessitano di essere protette. Tali persone dovrebbero possibilmente aver contatto solo con persone vaccinate e dovrebbero continuare ad utilizzare la mascherina quando si trovano a contatto con altre persone soprattutto nei posti affollati.

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