Addio Maestro. Battiato, la Sicilia, gli arabi, lo stupor mundi

di Redazione | 18 Maggio 2021

È volato via Franco Battiato. Lo ricordiamo subito così.

Federico II Hofenstaufen, a suo modo siciliano anche lui, come profondo mito ispiratore. Lo “stupor mundi”, l’imperatore esoterista, il ghibellino inventore della lingua italiana ha sempre affascinato l’autore di “Segnali di vita”: «Federico II – ha ricordato Battiato – accolse nella propria corte ebrei, arabi, greci e cristiani”. E su Federico II, il cantautore, insieme al filosofo Manlio Sgalambro, ha scritto nel 1994 l’opera lirica “Il Cavaliere dell’intelletto” in occasione dell’ottavo centenario della nascita dell’imperatore. Nel libretto dell’opera, Sgalambro ha voluto celebrare la modernità dello “stupor mundi”: «Quel che resta oggi del suo impero – ha spiegato il filosofo – è soprattutto ‘parola’: sono le sue leggi, i suoi atti amministrativi, gli scambi epistolari che intrattenne con i più grandi sapienti dell’epoca. In particolare con Michele Scoto, scienziato e astrologo castigliano, e con il filosofo musumulmano Ibn Sab’n». E sulle orme di Federico – suo nume tutelare d’adozione – Battiato ha anche lui abbandonato il Nord per tornare nella sua Sicilia scegliendo di vivere nella nativa Ionia, l’odierna Giarre-Riposto (in realtà a Milo:ndr) in una casa tra le acque dello Ionio e le pendici dell’Etna, una casa al centro di quella Sicilia profonda che sente ancora vive le radici dell’Islam. Lui stesso ha confessato che ciò che gli è più caro della sicilianità è proprio “la parte araba”. E nel parlare di civiltà islamica e di arabi ha sempre ammesso di non potere essere obiettivo: «Non posso né voglio esserlo. Ho una sorta di simpatia fisica per questa gente, che supera qualsiasi resistenza. Mi piacciono i loro sguardi, sono persone che mi piacciono con tutti i limiti che possono avere in una nazione straniera dov’è sono giunti per disperazione, facendo a volte mestieri disgraziati come i lavavetri ai semafori o i venditori di accendini. Io sono di parte: non ho questo senso di simpatia per tutti; se vedo degli slavi nella stessano situazione, sono più indifferente. Per me rappresentano il ricordo di periodi folgoranti delle antiche civiltà tradizionali. Sono popoli attualmente caduti in basso, ma non si può cancellare il ricordo di ciò che sono stati»… Dietro e oltre la musica, il suo è forse soprattutto un messaggio di civiltà:«Esiste il bianco ed esiste il nero». E per il futuro? Un messaggio che si rivolge direttamente agli individui, spirituale e metapolitico: «Non servono più tranquillanti o terapie / ci vuole un’altra vita / Non servono più eccitanti o ideologie / ci vuole un’altra vita».
LUCIANO LANNA

(Da Lanna e Rossi, “Fascisti immaginari”, Vallecchi, 2003)

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