Ruggero Razza

Pandemia, l’opposizione manda in scena all’Ars il suo teorema in frantumi (e Razza fa il signore)…

di Carlo Giulio Grimbè | 16 Giugno 2021

L’ Ars manda in scena ancora un dibattito su Ruggero Razza, appena celato da una mozione sulla campagna vaccinale che Renato Costa ha definito prova di “eccellenza sanitaria”. Un che di stucchevole tra gli stucchi di Sala d’Ercole. Un altro stanco ripetersi di attacchi d’ordinanza che non convincono più neppure chi li fa. I virulenti sono sempre gli stessi e non serve la indebita (o callida) signorilità dell’assessore alla Salute: quel “mio dovere è quello di lavorare con maggiore impegno e, se volete, facendo tesoro di alcuni errori”, appare un di più; inadeguato alla ruvidezza – a volte bruta rozzezza – dei dibattitori arrabbiati.
Tant’è, questa è la scelta delle opposizioni. Un continuo lancio di accuse nella cui serialità è arduo individuare il capo e la coda. Ancora più difficile cogliere la strategia di questo sputare nervoso attacchi al governo regionale, senza mai una proposta. Il filo conduttore di Pd e M5S sembra solo l’uso politico della pandemia, sempre e comunque. Dall’inizio, di questo si è trattato. Ma, criticando criticando, le minoranze hanno lasciato per strada le loro fragilità e contraddizioni: ben visibili. All’origine, la tesi degli anti-governativi permanenti era una, chiara, forte, centrale; su di essa è stata incardinata una strategia del terrore: la Sicilia non è attrezzata per fare fronte al Covid-19. Manca di tutto: mascherine, camici, ventilatori. Le terapie intensive ? Sono pochissime. Il personale ? Insufficiente. Saremmo morti come mosche, prevedevano. Qui – dicevano – non eravamo preparati, a differenza delle regioni a guida Pd. Poi, le imbarazzanti notizie che giungevano da Lazio, Campania e Puglia, ma anche da Toscana ed Emilia Romagna, silenziarono i seminatori di paure. E, nella stagione in cui ognuno, nazioni e regioni, faceva per sè – ricordate ? – in un crescendo di egoismi e assenza del governo centrale, arrivarono i cargo aerei con materiali sanitari acquistati dalla nostra Regione direttamente in Cina. Le immagini dei grandi contenitori di presidi sanitari in aeroporto, con Musumeci e Razza sulla scena, diedero un colpo duro al teorema degli oppositori. Di Maio cercò di metterci una pezza con un post con cui cercava di prendersi il merito, finendo nel ridicolo. Era stato il nostro Ismett il muto regista dell’operazione, non la impotente Farnesina. E neppure Arcuri – il commissario nominato da Conte, poi cacciato da Draghi – che invece minacciò tuoni e fulmini contro gli acquisti autonomi della Sicilia. Così, cadde il primo pezzo dell’assunto. Il secondo pezzo – la mancanza di un numero adeguato di posti di terapia intensiva – franò poco dopo. I posti c’erano. Scoprirono che Razza aveva lavorato giorno e notte; centinaia di posti erano pronti e altri in rapida creazione, secondo le necessità: una “fisarmonica” efficiente. Milioni di euro venivano spesi con insolita rapidità, accelerata poi dalla struttura di pronto intervento affidata da Musumeci all’odiato – dalle opposizioni, che lo hanno attaccato – ex dirigente generale Tuccio D’Urso, che si è messo a disposizione gratuitamente. Poi, come accade in questi casi, arriva il symbolum: pazienti mandatici da altre regioni “sature” vengono curati in rianimazione, da noi; i ricoverati, poi guariti, fanno arrivare attestazioni di gratitudine eterna per il trattamento ricevuto. Una mazzata che sbriciola le congetture dei tifosi della pandemia. Nel frattempo, la Regione stanzia 100 milioni ai Comuni, di cui 30 immediati – con scarsa cooperazione, per non dire altro, di Leoluca Orlando – con cui assistere, nei bisogni primari, le famiglie siciliane più disagiate. Gli oppositori balbettano.
Arriva un’altra trovata innescata da una telefonata rubata al direttore La Rocca che “frusta” le Aziende sanitarie: una missione di ispettori romani assistiti dai Nas, sollecitata al Ministero della Salute. Girano tutta l’Isola, vanno a controllare ospedali e reparti. Uno per uno. Niente da fare: anche questa indagine dà ragione a Musumeci e Razza e torto agli “anti”. I posti di “intensiva” ci sono e sono calcolati per difetto. Così, si frantuma anche il corollario dei posti gonfiati, gridato dai banchi grillini e dem. E con tanto di certificazione del ministero della Salute, guidato dal “rosso” Speranza. Contro questa realtà – dura come sa essere la realtà – va a sbattere anche la mozione di censura a Razza – protagonista in aula di un intervento di alto livello – presentata in Assemblea e ovviamente respinta. Siamo ai giorni nostri. Viene aperta un’indagine da parte della Procura di Trapani, secondo cui i dati della pandemia sarebbero stati falsati. Razza, raggiunto da un avviso di garanzia si dimette. Commettendo un grave errore politico. Per generosità? Forse. Ma di errore si tratta. Tre funzionari, tra cui la dirigente generale Letizia Di Liberti – sicuramente una signora dirigente molto perbene – finiscono ai domiciliari. Ma quando il fascicolo dalla procura incompetente di Trapani è trasmesso a quella di Palermo, cui spettava di indagare, c’è un colpo di scena: i Pm palermitani segano con spietatezza il numero di imputazioni e ridimensionano di molto le accuse dei colleghi. Qualcuno dei procuratori incompetenti si rifà con interviste, improvvide e inopportune, a fronte del silenzio di quelli che per legge dovevano indagare e indagano. La Di Liberti e gli altri vengono liberati, anche se la dg e un altro restano sospesi. Un fatto è certo: l’allineamento settimanale dei dati – definito infelicemente, dal punto di vista dei seguaci della Crusca, col verbo “spalmare” – non ha avuto alcun effetto in termini di assistenza e protezione della popolazione. Nessuno. E nessun siciliano è morto o non è stato curato per il lessico usato da un assessore digiuno di ricercatezze semantiche. In effetti, per un uomo di governo che deve gestire una pandemia, i gap letterari sono gravi. Molto. Ha fatto bene a scusarsi. Fatto sta che, carte alla mano, Musumeci e Razza rivendicano di avere adottato sempre misure restrittive, anche più del necessario. Questo, in sede politica. La stessa Autorità giudiziaria non ha sospeso l’assessore e non è un caso. Per cui, dopo due mesi di interim di Musumeci, Razza è tornato alla guida della sanità siciliana. Com’era giusto e naturale in una fase ancora delicata della crisi pandemica; e mentre è in corso una vaccinazione di massa, agitata da notizie contrastanti e stop and go sconcertanti – da Ema, Aifa, Ministero et Cetera – come sull’utilizzo del vaccino Astrazeneca. L’indagine farà il suo corso, mentre nei tribunali le udienze vengono “spalmate” – fa osservare con malizia l’avvocato Trantino a una corte che usa lo stesso termine – per una migliore organizzazione delle cause giacenti. Intanto la Sicilia ha di nuovo un responsabile della salute dei siciliani. Apprezzato dal mondo della sanità, sindacati in testa, che lo hanno messo per iscritto.
Siamo arrivati a ieri: nel Palazzo governato da Gianfranco Micciché, è andato in onda l’ennesimo dibattito. Col solito menu. Di tritato del nulla. Una noia distante dal nostro difficile quotidiano. Sociale, economico. E sanitario. La discussione è archiviata nel giro qualche ora. Insieme al teorema delle opposizioni ormai in frantumi. Non ci crede più nessuno. Neppure loro. Resta solo qualche coccio. Per accontentare qualche incontentabile. Che in Sicilia, si sa, c’è. C’è sempre.

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