Ruggero Razza

Razza: “Bisogna tornare alle cure per tutti pre-Covid, io lavoro per una stagione di ricostruzione. Non siamo “Cataniacentrici”.

di Redazione | 7 Luglio 2021

D. Ruggero Razza, assessore regionale alla Salute, anche ai più accaniti oppositori sono rimaste poche carte in mano sulla gestione della pandemia o sbagliamo?

R. La pandemia è stata ed è una sfida difficile per la sanità di tutto il mondo. In Sicilia abbiamo cercato di anticipare decisioni di contenimento del virus, riorganizzare la nostra rete ospedaliera, a partire dall’incremento strutturale dei posti di terapia intensiva, mettere in funzione il sistema della sanità del territorio, procedere a tappe serrata verso l’innovazione digitale. È stato e continua ad essere uno sforzo enorme che, spero, i cittadini abbiano compreso.

D. Ci sono due “partiti” sanitari a cui sembrano aderire i siciliani: da un lato molti cittadini anche over 60 non vanno a vaccinarsi, dall’altro c’è una preoccupazione diffusa in ordine alla variante Delta. Come lo spiega?

R. Nei confronti della vaccinazione, in generale, i siciliani sono sempre stati tra i più restii in Italia. Sulla consapevolezza della necessità di vaccinarsi contro il Covid abbiamo assistito a fasi altalentanti e abbiamo dovuto invitare a vincere molti timori, a partire dalla gestione fallimentare (lo ha detto Figliuolo, quindi nessuno si offenda) del siero AstraZeneca. Oggi sono i più giovani ad essere meno consapevoli e questo è un controsenso: chi più di tutti ha pagato il blocco del lavoro e della socialità non può diventare il freno all’immunità di gregge.

D. Ci dica tre cose che farà a breve termine?

R. Ho proposto al presidente Musumeci di adottare una ordinanza-quadro sulla vaccinazione di prossimità e nei luoghi di lavoro. Poi stiamo velocizzando sui cantieri e sul contenimento dell’epidemia con il tracciamento. Ma quello che più di tutto mi impegna è il ritorno alla normalità con la ripresa della sanità ‘oltre il Covid’ o più esattamente pre-pandemia.

D. Lei dà per scontata la ricandidatura di Musumeci, peraltro già in campagna elettorale, dopo il salto in alto del governatore nell’annuale Governance Poll del Sole 24 Ore?

R. È un errore parlarne, specie per chi lavora accanto al presidente della Regione. È come se mettessimo noi stessi in dubbio un lavoro che, invece, è destinato a trovare il consenso crescente dei cittadini. Semmai serve un più stretto raccordo con le forze politiche e questa è una responsabilità di tutti.

D. Dentro Diventerà Bellissima, lei era il maggiore sostenitore di un accordo con la Lega per le Politiche, ma dell’operazione non si parla più. Perché?

R. Io ero e resto convinto della necessità di rafforzare il nostro movimento che cresce nei territori, aggrega decine di amministratori locali e si sta radicando sempre di più in ogni provincia. Siamo stati un collante per il centrodestra nel 2017, quando nessuno credeva non solo al successo elettorale, ma alla possibilità di rimettere assieme la coalizione. Ho molto creduto che le forze ‘del territorio’ dovessero rafforzarsi reciprocamente con un patto. Ma il tempo disegna scenari sempre nuovi e il contesto cambia come cambiano i suoi protagonisti. Oggi per noi prevale l’esigenza di essere una forza che attrae movimenti e individui su un progetto che mette la Sicilia al centro della sua azione. Il ‘patto’ è tra rappresentati e rappresentanti, tra istituzioni che governano i processi di cambiamento della nostra Regione ed i cittadini, la maggioranza dei cittadini, che vogliono una Sicilia protagonista nel Mediterraneo ed in Europa.

D. Lo sa che siete accusati di essere “Cataniacentrici”? Cosa replica?

R. Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. I fatti dimostrano che l’attenzione del governo Musumeci, tra investimenti ed incompiute terminate, è anzitutto verso Palermo, proprio perché la nostra “capitale” ha subìto nella legislatura scorsa disattenzioni più che evidenti. Nel mio settore i maggiori interventi sono stati programmati in Sicilia occidentale ed è stato indispensabile per recuperare un gap troppo grande. Ma lo sguardo del presidente è stato rivolto anche e soprattutto nei confronti delle aree interne e della Sicilia centrale. Penso a Caltanissetta e Gela, per fare due esempi. Non c’è una opzione “Cataniacentrica”, ma l’esigenza di rappresentare ogni territorio di questa nostra Sicilia che, per dirla con Bufalino, non è una, l’Isola è cento Sicilie.

D. Chi prevede sarà l’anti-Musumeci?

R. Non tocca a noi sceglierci il nostro avversario del prossimo anno. L’unica cosa che spero è una campagna elettorale più dignitosa, meno violenta e moralistica. Il confronto politico se è alto appassiona i cittadini, altrimenti se prevale il cicaleccio della politica politicante, se prevalgono odio e rancori personali, il disgusto della gente comune prevale sui progetti. Il coronavirus dovrebbe avere insegnato a tutti che dopo questo nostro “dopoguerra” post-pandemia dovrà essere una stagione di ricostruzione che non può trovare classi dirigenti tra loro belligeranti. Non è tempo di demolitori, serve condivisione.

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