Tornare a Itaca? Decida la politica, non il rancore. Appunto Stancanelli.
di Carmelo Briguglio | 12 Settembre 2021Una brutta intervista. Come accade a chi parla mosso da rancore. Biliosa. Con l’idea che il malanimo sia invisibile: fatua pretesa di superiorità. Parlo dell’intervista data dall’onorevole Raffaele Stancanelli al quotidiano “La Sicilia”. Che riscuote il consenso di Cateno De Luca: è tutto dire. Una scontata convergenza di livori. Personalmente, mi interessa invece ragionare. Dico la mia sui punti politici che estraggo, con qualche fatica, dal pasticcio di fiele a cui il bravo Barresi ha dato una forma giornalistica.
Affermare, dopo appena due anni dal proprio congedo dal mondo di Musumeci, che il presidente della Regione, non è più di “alto profilo”, ma occorre cercare un altro candidato, non è solo inelegante, ma non ha niente di politico. Non è politica, è risentimento. Scoperto. Inutile perderci tempo. Certo, non allontana il pensiero diffuso che Stancanelli pensi a se stesso. Francamente – l’ho scritto – una idea lunare, anche per l’età tardiva dell’aspirante, senza dire altro. Il secondo è un tema che voglio chiarire: conosco la materia. Perché due anni fa – dice Stancanelli – fu no all’accordo con Giorgia Meloni e adesso è sì? Finge di dimenticare che l’accordo con Fdi, si fece. Un accordo che portò a liste comuni alle elezioni politiche del 2018: in Fdi furono immessi i candidati “musumeciani”, tra cui Stancanelli. Ci fu un solo eletto di Diventerà Bellissima: Stancanelli. Nessun altro. L’operazione fu un’operazione “personale”, non politica. Lucida. Cinica, temo. Allora sì che tanti “amministratori locali, giovani e donne” che l’onorevole dichiara avere a cuore oggi, si sacrificarono – più esattamente, furono sacrificati – per fare diventare senatore lui. Musumeci? Era molto perplesso, per non dire contrario, ma acconsentì, pro bono pacis. Ma se da un accordo ci guadagna solo chi è incaricato di gestirlo, non è più un’intesa tra due soggetti politici: è una manovra di tornaconto personale. La verità è questa: senza, Stancanelli non sarebbe mai rientrato in Parlamento (e per abbrivo, poi non sarebbe mai arrivato a Bruxelles). Ci fu uno scambio tra l’elezione di una persona – l’unico in posizione di certa riuscita – e l’impegno elettorale di un intero movimento. Questo spiega perché quell’operazione, che bruciò a tanti, fermò la prosecuzione dell’accordo per il futuro e il disimpegno di DB alle Europee, anche se buona parte degli elettori “bellissimi” finirono per votare Fratelli d’Italia. L’alleanza fu vissuta dal mondo intorno a Musumeci come un raggiro per mandare a Roma, uno solo. E nessuno volle che si continuasse su quella strada, con la guida di chi aveva “incassato” in solitudine. Oggi non c’è più quella condizione di allora. Stancanelli è andato per la sua strada. Individuale. Ed è stato un bene per tutti. Chiaro perché ieri no e oggi sì? Aggiungo un dato, che è mia personalissima idea. La federazione – di questo si parlava “ieri”, non di altro – oggi è inadeguata. Sorpassata. Sono cambiate tante cose. L’ho già scritto. Per me, Diventerà Bellissima ha esaurito la sua funzione: farà bene a confluire nel partito della Meloni, restando più che altro un laboratorio di cultura, politica e non. Magari evolvendo in una fondazione, a dimensione regionale. Nulla di più. In proposito vado al terzo punto. Stancanelli utilizza lo spauracchio della “cannibalizzazione” delle liste meloniane da parte dei candidati di Musumeci. Lo dice per sobillare uscenti e aspiranti di FdI su una “cosa” inesistente. In realtà alle prossime regionali c’è spazio e consenso per due liste; una ufficiale di Fdi e una seconda che può essere quella del Presidente, in cui possono andare i candidati musumeciani. Separate. Una volta eletti, i deputati ex DB andranno a costituire con gli “eletti” di Fdi un unico gruppo parlamentare. Che sarà quello di Fratelli d’Italia, il primo della nuova Assemblea regionale. Dettagli che si vedranno i due leader o chi per loro. Il dato politico è che oggi l’intesa con Musumeci, porta a Fratelli d’Italia il presidente di una regione importante che non ha, facendolo diventare il primo partito dell’Isola. Con qualche meritato dispiacere di Salvini. E crea l’orizzonte di un forte progetto di bene comune, di stabilità di governo che vede il partito di Giorgia continuare sulla strada che lo vede protagonista da quattro anni nell’esecutivo, con una delega importante, al tempo richiesta al governatore dalla Meloni in persona e onorata oggi da un assessore impegnato e attivo. Ci sia chi si oppone al progetto che ho chiamato “ritorno a Itaca”, è nelle cose della “politique politicienne”. Che il più accanito a impedirlo sia chi avrebbe il dovere contrario, è più raro. Ma di questo si tratta. Comunque, c’è un processo in corso. Vada, come dovrà andare. Ma non basti il rancore personale di uno per fermarlo. La Politica merita di più. Altrettanto la Sicilia.
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