Enrico Letta

Musumeci inadeguato? Più prudenza e umiltà, Enrico.

di Carmelo Briguglio | 20 Luglio 2021

Anni fa Enrico Letta mi chiese di intervenire a Palermo alla sua scuola di formazione politica. Era pieno agosto, ma andai: fu un atto di cortesia; eravamo colleghi a Montecitorio, giusto così. E poi la formazione dei giovani – lo dico a suo onore – è sempre da incoraggiare: comunque, ovunque. Lì, dissi la mia; mi ascoltarono con interesse; gentile e affabile, mi ringraziò molto. Parlammo un po’ più da vicino: ebbi l’impressione di una persona seria, con capacità di analisi, premurosa verso quei ragazzi. Lucido. Da allora, Enrico ha avuto una parabola sempre più discendente: si mise a capo di un governo disastroso insieme a Berlusconi; poi venne defenestrato ad opera di Renzi da Palazzo Chigi; venne sfiduciato con documento unanime della direzione del suo partito: un benservito ignominioso, con pochi precedenti nella storia politica italiana. Per non parlare del “caso Ncd” e della fine di Angelino Alfano, di cui porta qualche responsabilità. Arrivò l’esilio volontario a Parigi a dirigere la prestigiosa Sciences Po. Poteva starsene lì, dicono ora molti ambienti dem, già delusi dal neo-segretario. Ma lui no, non ha resistito: nell’abbandono della leadership da parte di Zingaretti, ha visto la via del trionfale ritorno; si è immaginato come un Montecristo vindice dei torti subìti, ansioso di rendere a Matteo e agli altri l’umiliazione della polvere mangiata. Gli bruciava pure quel passaggio della campanella a Chigi: negli annali rimane come un inedito brutto e imbarazzante. Ha finto di farsi pregare, poi ha “ceduto”. La verità è che al Pd cercavano un Cireneo e lo hanno trovato: gli hanno caricato la croce di cui si era liberato “Zinga”. E lui, tornato d’Oltralpe, dopo sei anni passati fuori dal giro e dal mondo politico, è rientrato spaesato e con poche idee in testa; che non destano entusiasmo, né passioni: la patrimoniale per costituire una “paghetta” in favore dei giovani, il voto ai sedicenni, l’asse con Conte; e gli sfracelli minacciati e ritirati per il ddl Zan. Proposte e mosse che producono lo stesso calore di un gelatino. E che non portano un voto in più a un partito che ne ha disperato bisogno: nei sondaggi il Pd è al terzo posto, sotto Fdi e Lega che si contendono il primo. Anche perché il duo Salvini- Renzi, non gli fa toccare palla: da Draghi non cava un ragno dal buco. E molti lo attendono al varco: sperano addirittura non ce la faccia alle suppletive nel collegio di Siena; il che, è davvero difficile accada.
Ora, Enrico è venuto in missione in Sicilia per lanciare le sue Agorà: altra vecchissima lampadina mentale spenta; per allargare, dice: ma verso chi e dove? La Sicilia – lo ricorderà – è la regione guidata dal suo Rosario Crocetta: capo del peggiore governo dell’Isola, che si ricordi; mentre lui era presidente del Consiglio a Roma: dato politico e di comunicazione che non passa sotto silenzio.
Crocetta e BarbagalloEra quello anche l’esecutivo del suo segretario regionale Anthony Barbagallo, assessore al Turismo accanto a Crocetta. È stato accolto dal suo sempiterno Leoluca Orlando, su cui è inutile maramaldeggiare: “parce sepulto”, in ogni senso. Ora dico: capisco il giro politico, il tiepido endorsement al suo vice Provenzano, la fresca adesione del meno fresco Leoluca, l’Agorà; davvero tutto, ci sta. Ma chi lo porta a sparare quel giudizio, senza capo né coda, di “inadeguato” contro Musumeci? Senza un argomento a supporto. Lui, con un pedigree così? Dopo tanti e tali disastri firmati Pd, qui da noi? Non sarebbe stato meglio un pizzico di prudenza ? Un granellino di umiltà? Che servono sempre: aiutano chi non se la passa bene; chi ha da farsi perdonare. E fare molto dimenticare. Come Enrico Letta. E il suo Pd.

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