Nello Musumeci

Le Erinni non sono ancora Eumenidi. Ecco perché la Lega non può guidare la Sicilia.

di Carmelo Briguglio | 18 Agosto 2021

“Volete farmi litigare con la Lega? È giusto abbia il suo posto in giunta: fa parte della coalizione. Io sono leale, lo sapete”. E, invece, aveva ragione chi gli suggeriva di no. Musumeci non aveva alcun dovere di mettere nell’esecutivo un partito che aveva eletto un solo deputato in Ars. Fu inutile. Il suo solito eccesso di lealtà. Ricambiata da Salvini, nel modo più scorretto; e dopo un lungo e inutile pressing per farlo diventare ciò che mai Nello si è sognato di diventare: un governatore leghista. Impossibile. Per uno con quella storia; che viene da quel “dove” che tutti conoscono. Allora, fu suggerito anche al Presidente di non dare alla Lega i Beni Culturali. È ciò, a prescindere, dalla persona che Salvini avrebbe scelto come assessore. Per gli inascoltati consiglieri, significava consegnare la “sacrarum aedium procuratio” ad una forza estranea alla cultura dell’Isola, troppo confliggente con la sensibilità diffusa; quel mondo – il ragionamento – era stato per troppo tempo “nemico” della società siciliana.
Insomma, il prezzo da pagare appariva troppo alto. L’immaginario era (e resta) che in cima alla catena di comando dei templi di Agrigento, Segesta e di Selinunte o dei teatri antichi di Taormina o di Siracusa, ci possa essere il capo del Carroccio. Certo che è un’ingenuità pensarlo: il Presidente sta “sopra”, tiene saldo nelle sue mani l’indirizzo politico del governo. Controlla tutto: sopra di lui non sta nessuno. Conoscendolo, figurarsi. Ma è una suggestione tutt’altro che rara. Dopo Sebastiano Tusa, poi…un pugno nello stomaco del sentimento popolare. Ma Musumeci ha voluto scommettere sulla evoluzione dei leghisti, ha agevolato il loro affrancarsi dai retaggi del passato. Ricambiato, come si è visto. Epperò, egli stesso ha sottovalutato che il ricordo collettivo resiste a ogni tentato oblìo del dileggio verso i siciliani che ha lastricato il tragitto del Carroccio. Sì, lo sappiamo: vorreste riportati tutti i virgolettati sui nostri insegnanti che rubano il lavoro al Nord; sui regionali che sono troppi; sull’euro che non meritiamo perché siamo un peso come la Grecia; sullo slogan “prima il Nord”. Insomma, tutto il noto stupidario secondo cui saremmo un popolo di parassiti e fannulloni. Minus habens. Luoghi comuni, crassi per stenderci sopra un’ analisi politica.
Matteo Salvini“Sono troppo distanti dalla nostra impostazione culturale, dallo stile di vita e dalla mentalità del Nord. Non abbiamo nessuna cosa in comune. Siamo lontani anni luce”: ecco, questa dichiarazione di Matteo, può andare bene; è la sintesi più alta, sforzandosi, del suo pensiero nei confronti della gente del Sud. Ma è anche una convinzione che rende impossibile, ad oggi, l’abrasione di una percezione diffusa. Si dirà: sono passati anni, la Lega è cambiata. È ora forza nazionale. Non ce l’ha più con noi. È nel governo Draghi. E poi visti quanti voti alle Europee? E quanto pochi – talvolta inesistenti – alle più recenti elezioni amministrative, si potrebbe replicare: il radicamento c’è davvero? Si vedrà. Ma la questione politica, o se volete culturale, è: i siciliani sono una comunità che, con tutti i suoi limiti – né più, né meno dell’italiano medio – una comune memoria la possiede; sono popolo vero; per di più orgoglioso; fino al permaloso, come ciascuno di noi sa, guardandosi dentro. E il leader leghista non ha mai chiesto scusa – in modo chiaro e forte – a questo popolo; a tutti i meridionali; non tanto per le contumelie scagliate negli anni, quanto per l’idea rudimentale che si è fatto di loro. Smentita da millenni di storia che Matteo sconosce, temiamo all’interno di più ampi, difficilmente recuperabili, deficit culturali; almeno per ciò che ci riguarda. Si dirà: è un pregiudizio. Forse. Personalmente, siamo convinti sia invece un istinto. Primordiale, basico, se volete. Di diffidenza; di difesa. Che ha una sua razionalità consolidata nel tempo. E, tempo ancora, richiede perché sia superata. Ci vorrà tanto, perché le Erinni leghiste appaiano Eumenidi: saranno necessari molti cicli di tragedie classiche a Siracusa. È la realtà, bisogna prenderne atto. Fare shopping di “eletti” da altri, non serve a cambiarla. E, comunque, quel “pregiudizio” diffuso in tutta l’Isola consegna a Pd e Cinque Stelle, l’arma fatale per battere il centrodestra. Con un candidato governatore della Lega, si perde: questo è il punto politico. E va oltre la stessa candidatura di Musumeci, che al di là di tutto, è il favorito, l’uomo da battere. L’elezione del presidente della Regione non è astratta e distratta come può essere quella del lontanissimo Parlamento di Bruxelles. Musumeci può perdere ? Qualche rischio c’è, se a qualcuno verrà consentito ancora, sotto il vulcano, di battere “il sentiero delle capre”, tramando col Nemico. Ma sarebbe certo, se Matteo, spinto da Sammartino e soci – dopo l’operazione calata da Rozzano – si incaponisse a volere un proprio candidato a Palazzo d’Orleans; cioè rompesse la regola, aurea nel centrodestra, della ricandidatura dell’uscente meritevole: tale, Musumeci è anche per la Lega, se questa continua a stare nel suo governo. Si può chiedere di cambiare Musumeci, mentre si sta nel governo Musumeci ? Una contraddizione fin troppo evidente. E ancora: Salvini vorrà spaccare la coalizione con due candidati – Musumeci ormai lo è – e portarla alla sicura sconfitta ? Vorrà, davvero, permettersi il lusso di fare perdere al centrodestra la Sicilia, alla vigilia di elezioni politiche decisive per il governo del Paese?

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